giovedì, dicembre 09, 2004

La rinuncia dello Stato alla sovranità monetaria

Da "La banca, la moneta e l'usura", di Bruno Tarquini (già Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello dell'Aquila), ed. Controcorrente, 2001.

Contrariamente a quanto accade nel rapporto tra Stato e cittadini con l'emissione dei titoli fruttiferi, in quello che viene a stabilirsi tra Stato e la Banca Centrale, con l'emissione della moneta bancaria (banconota), si coglie in tutta la sua drammaticità la rinuncia da parte dello Stato alla sovranità monetaria ed al conseguente esercizio del potere di "battere moneta"; si avverte sopratutto la stranezza di una situazione che poteva trovare una valida giustificazione in altri tempi, quando la moneta aveva un proprio valore intrinseco perché costituita da pezzi coniati in metalli pregiati, o quando essa, pur rappresentata da simboli cartacei, aveva tuttavia una copertura nelle riserve auree o argentee delle banche: allora era frequente che il re o il principe (cioè lo Stato), non avendo a propria disposizione risorse finanziarie (metallo pregiato) per sostenere, ad esempio, le spese di una guerra, ricorresse ai banchieri per ottenere i necessari prestiti. Ma nell'attuale momento storico, in cui la moneta è costituita soltanto da supporto cartaceo, privo di qualunque copertura aurea o valutaria, non si comprende la ragione per la quale lo Stato debba richiedere ad un apposito istituto bancario privato il mutuo, sempre oneroso, di banconote create dal nulla e prive quindi di ogni valore intrinseco, trasferendogli in tal modo, con la sovranità monetaria, non solo il potere di emettere moneta, ma anche il governo di tutta la politica monetaria, attraverso il quale, come si è già esposto, non può non influirsi in maniera assolutamente determinante su tutta la politica economico-sociale del governo nato dalla volontà popolare. Per ricorrere ad una esemplificazione estrema, ma, comunque sia, idonea a far comprendere l'entità del problema, non si capisce perché non possa essere posta in circolazione moneta statale (biglietto di Stato) anziché moneta bancaria (banconota), dal momento che, tanto, sia l'una che l'altra non sono garantite da alcuna riserva aurea o valutaria.
Peraltro è bene sapere che lo Stato, oggi, per mezzo dei propri stabilimenti della Zecca, provvede alla creazione ed alla messa in circolazione di tutta la monetazione metallica, del cui ammontare (anche se di modestissimo valore rispetto a tutto il circolante cartaceo di banconote) esso non è debitore di nessuno, tanto meno della [ndt: privata] Banca d'Italia. Così come, fino a pochi anni fa, provvedeva, nello stesso modo, alla creazione ed alla messa in circolazione di carta moneta di cinquecento lire e, prima ancora, anche di mille lire [1], neanche in relazione delle quali ovviamente sorgeva in capo allo Stato alcuna obbligazione di restituzione né di pagamento di interessi, poiché di esse lo stesso Stato non si indebitava, provvedendo direttamente alla loro creazione ed alla loro immissione in circolazione.
Questo dimostra, dunque, che lo Stato avrebbe i mezzi tecnici per esercitare in concreto il potere di emettere moneta e per riappropriarsi quella sovranità monetaria che gli permetterebbe di svolgere una politica socio-economica non limitata da influenze esterne, ma soprattutto liberandosi di ogni indebitamento [2]. E' questo, senza alcun dubbio, il più grave problema che il mondo, al di là e al di sopra di ogni divisione politica, deve affrontare e risolvere; ma intanto si sarebbe già fatto un grande passo avanti, se esso prendesse coscienza di questo problema e ne comprendesse la decisività; dalla scelta, consapevole e meditata, tra una soluzione e l'altra del problema della sovranità monetaria, dipenderà la sorte della nostra civiltà [3].

Note:

[1] Di questa carta-moneta riproduciamo nella pagina seguente quella da cinquecento lire: come si vede, essa, diversamente dalle banconote, porta l'intestazione della "Repubblica Italiana", è denominata "Biglietto di Stato a corso legale", non risulta "pagabile a vista", è firmata da funzionari statali (il Direttore Generale del tesoro ed il Cassiere speciale) e reca il visto della Corte dei Conti.

[2] Che esistano in circolazione due tipi di moneta è dimostrato dal fatto che nelle stesse tabelle della Banca d'Italia relative al denaro in circolazione, viene contabilizzata solo la "moneta del settore non statale", vale a dire la moneta del settore bancario, cioè il volume di banconote emesse in prestito allo Stato.

[3] Ci sarà pure un motivo perché in Italia circolino due tipi ("settori") di moneta: da una parte quella metallica (e fino a qualche anno fa i biglietti da mille e cinquecento lire), che lo Stato crea e mette in circolazione senza indebitarsene, e dall'altra, quella costituita dalle banconote, creata e messa in circolazione dalla Banca d'Italia e di cui lo Stato (il popolo) si indebita. Il lettore è forse già in grado di comprendere tale motivo, ma già è molto che egli sia portato a conoscenza della singolare bipartizione. [ndt: con la truffa della riserva frazionaria, si ha un ulteriore signoraggio sottratto allo Stato, quello scritturale: quello dei depositi "a vista" e delle aperture di credito]

Le foto dei biglietti
Breve storia dei miniassegni