Inizia il processo a Bankitalia: la parola alla difesa
GIUDICE DI PACE DI LECCE
Comparsa di costituzione e risposta con domanda
riconvenzionale
per: la Banca d’Italia, Istituto di diritto pubblico, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, via Nazionale 91, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marino Ottavio Perassi, Marco Mancini e Adriana Frisullo dell’Avvocatura della Banca d’Italia per procura in calce al presente atto, elettivamente domiciliata presso la propria Filiale di Lecce, in via R.S. Consiglio, n.5
convenuta
contro: Giovanni De Gaetanis, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Tanza e Antonio Pimpini
attore
* * *
- Con atto di citazione notificato il 19 ottobre 2004 Giovanni De Gaetanis ha convenuto in giudizio “la Banca centrale europea e, per essa, la locale articolazione individuata nella Banca Centrale d’Italia s.p.a.” chiedendo che l’intestato giudice voglia così provvedere:
“accertare incidenter tantum e dichiarare che la proprietà della moneta è della collettività nazionale europea, mentre la Banca Centrale ha unicamente il compito di provvedere alla stampa: In conseguenza di ciò, dichiarare che l’intera Massa Monetaria in circolazione è di proprietà dei componenti dell’Unione Europea, e che, per l’effetto, il Debito Pubblico non esiste, dovendosi, al contrario, ritenerlo Credito Pubblico. In conseguenza di ciò condannare l’Istituto di emissione al pagamento della somma, forfetariamente indicata, di Euro 1.100 con espressa rinuncia al sovrappiù, prudenzialmente indicata per le causali di cui in narrativa,m ovvero a quella maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, nei limiti della competenza del Giudice adito. Condannare altresì il convenuto al pagamento delle spese, diritti e onorari di causa”.
L’attore assume che la Banca Centrale Europea emetterebbe denaro “in assenza di alcuna norma che la riconosca proprietaria del bene giuridico moneta” e che, una volta venuta meno la convertibilità in oro e la stessa riserva aurea, la Banca di Emissione non sarebbe più proprietaria della moneta, il cui valore sarebbe pertanto creato da una convenzione sociale. Conseguentemente, la Banca Centrale Europea si comporterebbe illecitamente, provocando danni a tutte le collettività nazionali, che illecitamente sarebbero trasformate da proprietarie in debitrici del proprio denaro. Tale danno, per il singolo cittadino, si ragguaglierebbe alla quota del debito pubblico indicata come gravante sul singolo componente della Collettività.
Col presente atto si costituisce in giudizio la Banca d’Italia chiedendo il rigetto di tutte le domande ex adverso proposte siccome, improponibili e/o inammissibili e comunque infondate, nonché spiegando domanda riconvenzionale per la condanna di controparte al risarcimento dei danni per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
- In limine si eccepisce l’evidente difetto di legittimazione passiva della Banca d’Italia, che con la equivoca (e comunque errata) formula di “articolazione” della BCE, sembra essere stata evocata in giudizio in forza di un asserito potere di rappresentanza dell’organismo comunitario, indimostrato e comunque inesistente.
Sotto tale profilo – e senza che ciò implichi inversione dell’onere probatorio incombente su controparte – si rammenta che la BCE, ai sensi dell’art.107 (ex 106) del Trattato CE e dell’art. 9 del protocollo sullo statuto del Sistema Europeo delle Banche Centrali e della Banca Centrale Europea (allegato al Trattato e dotato della stessa forza giuridica) ha personalità giuridica e ha “in ciascuno degli Stati membri la più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dai rispettivi ordinamenti: essa può in particolare acquisire o alienare beni mobili e immobili e stare in giudizio”. Da qui l’ulteriore previsione di cui all’art. 35.2 del protocollo, secondo cui la BCE può essere convenuta in giudizio per le controversie relative a rapporti di debito/credito, ovvero concernenti altre persone.
La BCE, rappresentata all’esterno dal Presidente o da un suo delegato (art. 13 del protocollo) ha quindi piena capacità processuale in ciascuno degli Stati membri mentre nessuna norma del Trattato attribuisce alle Banche Centrali Nazionali (di seguito BCN) un potere di rappresentanza della BCE nell’ambito degli ordinamenti nazionali.
Quindi, diversamente da quanto assume controparte, la Banca d’Italia – come le altre banche centrali nazionali – non è affatto “articolazione” della BCE in quanto l’una e l’altra sono dotate di un’autonoma personalità giuridica di diritto pubblico, di distinta rappresentanza esterna e di capacità di stare in giudizio (art. 13 del protocollo e art. 25 dello statuto della Banca d’Italia, approvato con r.d. 11 luglio 1936, n. 1067 e successive modifiche ed integrazioni) di autonomia statutaria (v. art. 14 del protocollo nonché art. 1 d. lgs. 10 marzo 1998, n. 43) e di bilancio, (v. art. 26 del protocollo e art. 8, d.lgs. n. 43/98).
E’ dunque evidente l’eccepito difetto di legittimazione passiva della Banca d’Italia in relazione alle domande attoree che controparte ha inteso rivolgere nei confronti della Banca Centrale Europea.
3. In subordine si eccepiscono l’assoluta carenza di azione, di interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) e di legittimazione attiva in capo a parte attrice in relazione alle domande di accertamento e condanna fatte valere nel presente giudizio, in quanto la contestazione del vigente sistema di emissione (che si assume illegittimo e fonte dell’obbligo di risarcimento di asseriti danni) per accreditare giudizialmente teorie di carattere metagiuridico (tale è il contenuto sostanziale delle domande proposte da controparte) non dà luogo al diritto all’azione in sede giudiziaria civile.
Infatti a fronte di una pubblica potestà, qual è l’emissione della moneta, minutamente regolamentata oggi da norme di rango sopranazionale (il Trattato e l’allegato protocollo già citato) in modo uniforme in tutti gli Stati dell’area EURO, difetta in modo assoluto ogni potere giurisdizionale, in quanto le collettività nazionali e/o i loro componenti non sono titolari di alcuna posizione giuridica (sia essa di diritto o di interesse) che possa farsi valere davanti a qualsivoglia organo giudicante, e a maggior ragione in sede contenziosa civile.
D’altro canto controparte, se da un lato deduce l’asserita inesistenza di una norma che riconosca la BCE “proprietaria del bene giuridico moneta”, dall’altro non indica quale norma attribuirebbe alle collettività nazionali e ai loro singoli componenti il presunto diritto di proprietà della moneta all’atto dell’emissione; talché non è dato comprendere quale sia il fondamento giuridico dell’azione coltivata ex adverso.
In realtà una sorta di diritto collettivo di proprietà della moneta non trova riscontro in alcuna norma dell’ordinamento e, conseguentemente, nessuna posizione sostanziale giuridicamente rilevante, suscettibile di tutela in sede contenziosa, possono vantare le collettività nazionali e i loro singoli componenti.
Comunque, anche ove, per assurdo, fosse proponibile una sorta di rei vindicatio della proprietà della moneta da parte della collettività (non ammessa nel nostro ordinamento come in quello comunitario), la legittimazione a promuoverla non competerebbe mai all’attore, in mancanza di una norma che gli attribuisca un’azione popolare.
Difettano poi in radice – come in ulteriore subordine si eccepisce – i requisiti dell’azione di danno (art. 2043 cod. civ.) – all’evidenza strumentalmente coltivata – in quanto l’attore non ha indicato quali norme “la BCE e per essa la Banca d’Italia” avrebbe violato procurandogli un danno ingiusto. Né – com’è evidente – alcun danno risarcibile può derivare dalla semplice contestazione del vigente sistema di emissione che peraltro riconosce alle banche centrali (BCE e BCN) i proventi derivanti dall’emissione della moneta con le modalità minutamente disciplinate dalle fonti comunitarie.
4) A tal proposito – e senza accettazione del contraddittorio sulle domande proposte dall’attore – è utile richiamare brevemente le norme comunitarie che disciplinano l’emissione delle banconote.
Ai sensi dell’art. 106 (ex 105A) del Trattato l’emissione di banconote compete alla BCE e alle banche centrali nazionali su autorizzazione m’esclusiva della BCE. Le banconote così emesse sono le uniche ad avere corso legale all’interno della Comunità (v. anche art. 16 del protocollo).
Il reddito (signoraggio) generato dall’emissione di banconote viene ricompresso nel calcolo del reddito monetario (ottenuto dalle banche centrali mediante l’esercizio delle funzioni di politica monetaria); l’importo del reddito monetario di ciascuna BCN è pari al reddito annuo degli attivi detenuti in contropartita delle banconote in circolazione e dei depositi degli enti creditizi, decurtato dagli interessi pagati sulle riserve obbligatorie (art. 32 del protocollo). Tale reddito viene accentrato e poi ridistribuito alle singole Banche centrali sulla base delle rispettive quote di partecipazione alla BCE.
Le norme primarie appena citate sono state poi attuate con Decisioni del Consiglio Direttivo della BCE, relative all’emissione delle banconote (Dec. 6 dicembre 2001-ECB/2001/15 – come da ultimo modificata dalla Dec. 22 aprile 2004-ECB/2004/9 – in Gazzetta Uff. Com. Europee, GUCE, L 205 del 9.6.2004, p. 17) ed alla distribuzione del reddito monetario fra le Banche Centrali negli stati che hanno adottato l’Euro (Dec. 6 dicembre 2001 – ECB/2001/16 – in GUCE, L 237 del 20 dicembre 2001, p.55).
Pertanto incorre in errore controparte quando assume che nessuna norma attribuisce la proprietà della moneta alla BCE e che questa, pertanto, illegittimamente – a suo dire – emetterebbe denaro “prestandolo, recte addebitandolo alla collettività comunitaria”. Le disposizioni appena richiamate individuano chiaramente nella BCE e nelle banche centrali – che su sua autorizzazione emettono le banconote – i proprietari della moneta cartacea che, contrariamente a quanto si assume ex adverso, non costituisce un debito della collettività bensì un debito degli istituti di emissione (BCE e BCN), iscritto come tale al passivo dei rispettivi bilanci (secondo le quote stabilite dal Consiglio Direttivo della BCE con i menzionati provvedimenti) in contropartita delle voci dell’attivo.
5) Rimane soltanto da soggiungere che iniziative intese ad accreditare teorie sulla proprietà collettiva della moneta ricorrendo all’azione giudiziaria civile sono state già prima d’ora coltivate, con riguardo al previdente sistema di emissione, che attribuiva al Ministero del Tesoro il compito di autorizzare l’emissione di banconote da parte della Banca d’Italia, definendone i tagli e le quantità da immettere nel sistema. In tutti i casi i Giudici aditi hanno respinto, con sentenze passate in giudicato, le azioni di accertamento e/o condanna aventi ad oggetto una sorta di rei vindicatio della proprietà della moneta, condannando spesso gli attori al risarcimento danno per lie temeraria (Tribunale di Torino, 17 marzo 1999, n. 1699; Tribunale di Roma, 19 giugno 2001, n. 23690; Tribunale di Roma, n. 5.2.2001, n. 4408; Corte d’Appello di Roma, 18.6.2001, n.2185, che conferma Tribunale di Roma 17 febbraio 1997, n. 3351; Tribunale di Roma, n. 40285/02).
La temerarietà delle domande proposte nel presente giudizio è di tutta evidenza e pertanto la Banca d’Italia propone, in via riconvenzionale, domanda di condanna della controparte al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c., da liquidarsi in misura non inferiore ad Euro 3.000 (commisurata all’importo da ultimo liquidato dal Tribunale di Roma con sentenza n. 40285/02). Conseguentemente il presente giudizio dovrà essere rimesso al Tribunale ai sensi dell’art. 36 c.p.c. in quanto, in conseguenza della spiegata domanda riconvenzionale, restano superati i limiti della competenza per valore del Giudice di pace.
Tutto ciò premesso, la Banca d’Italia, come sopra rappresentata e difesa, col presente atto si costituisce in giudizio chiedendo che siano accolte le seguenti
conclusioni
- in via preliminare rimettere la causa al Tribunale di Lecce ai sensi dell’art. 36 c.p.c. in conseguenza della domanda riconvenzionale di risarcimento danni proposta, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., dalla concludente;
- - in ogni caso, respingere le domande attoree, per i motivi tutti indicati in narrativa, dichiarando il difetto di legittimazione passiva della Banca d’Italia e, in via gradata, l’improponibilità e/o inammissibilità e comunque l’infondatezza delle domande medesime;
- - in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla concludente, condannare l’attore al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c., da liquidarsi in via equitativa in misura non inferiore a Euro 3.000;
- condannare infine la controparte alla refusione delle spese e competenze del giudizio.
- Si deposita:
- Sentenza del Tribunale di Torino 17 marzo 1999, n. 1699
- Sentenza del Tribunale di Roma 19 giugno 2001, n. 23690
- Sentenza del Tribunale di Roma, n. 5.2.2001, n. 4408
- Sentenza Corte d’Appello di Roma, 18.6.2001, n. 2185
- Sentenza Tribunale di Roma, 17 febbraio 1997, n. 3351
- Sentenza del Tribunale di Roma, n. 40285/02.
Con ogni più ampia salvezza di richieste, anche istruttorie.
DICHIARAZIONE AI SENSI DELLA L. 23.12.1999, n.488
Si dichiara che il valore della domanda riconvenzionale proposta col presente atto è di Euro 3.000 e pertanto il contributo unificato ammonta a Euro 62.
Roma-Lecce, 23.11.2004
avv. Marino Ottavio Perassi avv. Marco Mancini
avv. Adriana Frisullo
PROCURA
In virtù dei poteri conferitimi dallo statuto della Banca d’Italia, approvato con r.d. 11.6.1936, n. 1097, e successive modificazioni, delego gli avv.ti Marino Ottavio Perassi, Marco Mancini e Adriana Frisullo dell’Avvocatura della Banca d’Italia a rappresentare e difendere, anche disgiuntamente, la Banca d’Italia, in ogni stato, fase e grado del giudizio di cui all’atto sopra esteso, ivi comprese l’eventuale riassunzione, conferendo loro ogni potere come per legge nonché quello di chiamare in causa terzi. Eleggo domicilio presso la Filiale di Lecce della Banca d’Italia, in Lecce, via R.S. Consiglio, n.5.
Roma, lì 23/11/04
IL DIRETTORE GENERALE DELLA BANCA D’ITALIA
VINCENZO DESARIO
Vera la firma
Avv. Adriana Frisullo
sebastiano scrofina
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4 Comments:
Secondo me l'unico punto debole della difesa di Bankitalia consiste nel concetto che la moneta emessa costituisca un passivo per l'istituto di emissione.
Infatti non si capisce perchè le banconote emesse, pur non rappresentando più alcun controvalore, debbano essere considerate un debito a carico della BCE.
Davide
non si capisce perchè le banconote emesse, pur non rappresentando più alcun controvalore, debbano essere considerate un debito a carico della BCEBankitalia ha più volte dichiarato che la differenza tra il valore prettamente cartaceo delle banconote emesse e il loro valore nominale nasce solo nel momento dell'immissione in circolazione delle stesse (e quindi grazie alla collettività): in pratica ha ammesso di venderci qualcosa che noi produciamo.
mi chiedo: come può Bankitalia venderci (non solo emettendo a debito ma applicando anche un interesse) un debito il cui valore è creato dalla collettività la quale a sua volta compra le false cambiali che lo rappresentano emettendo titoli di debito che vanno a copertura delle stesse ?!?
> mi chiedo: come può Bankitalia venderci (non solo emettendo a debito ma applicando anche un interesse) un debito il cui valore è creato dalla collettività la quale a sua volta compra le false cambiali che lo rappresentano emettendo titoli di debito che vanno a copertura delle stesse ?!?
Forse perchè il controvalore delle banconote, non più rappresentato dall'oro, viene adesso rappresentato dai titoli di debito che lo Stato emette in cambio delle banconote.
Se l'emissione di banconote avvenisse sempre con queste modalità in effetti non si potrebbe parlare di un vero e proprio reddito da signoraggio e quindi l'equivoco risiederebbe semplicemente nella terminologia impropria usata in merito nei comunicati della BCE e ripresa dalla presente difesa di bankitalia.
>e quindi l'equivoco risiederebbe semplicemente nella terminologia impropria usata in merito nei comunicati della BCE e ripresa dalla presente difesa di bankitaliaumm... e se l'"equivoco" fosse lievemente più grande ?
"Assurdo dire che il nostro paese può emettere $30,000,000 in titoli ma non $30,000,000 in moneta. Entrambe sono promesse di pagamento; ma una promessa ingrassa l'usuraio, l'altra invece aiuta la collettività" (Thomas Edison - New York Times, 6/12/1921)
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