Terni: quando Thyssen era capace di risolvere i problemi
di Marco Saba
E' di questi giorni la notizia della crisi apparentemente irreversibile delle acciaierie di Terni della ThyssenKrupp: il piano illustrato dal presidente del Comitato Esecutivo dell'azienda, Michael Rademacher, prevede non solo la chiusura dello stabilimento del magnetico, coi suoi 350 posti di lavoro, ma anche l'uscita di 155 lavoratori, del magnetico e dell'inox, che andranno in pensione o in mobilita', nonché il ricorso alla cassa integrazione. Il presidente Rademacher potrebbe disporre di un'alternativa interessante che è stata illustrata ieri, a Roma, durante il primo Forum Nazionale sulla Riforma Monetaria: l'emissione di una valuta locale complementare all'Euro. Con questa valuta l'azienda potrebbe permettersi di mantenere la produzione e contemporaneamente sviluppare l'economia locale, mantenendo i posti di lavoro. Si tratta di un uovo di Colombo, di una soluzione elegante che l'azienda non può non conoscere poiché fu proprio Fritz Thyssen, nel 1923, a risolvere con questo sistema la crisi delle sue aziende nella valle della Ruhr, in Germania. All'epoca la crisi fu dettata dall'iperinflazione del marco tedesco e dalle pressioni della Francia per ottenere gli indennizzi della prima guerra mondiale. Le truppe francesi erano entrate nella Ruhr per impadronirsi, come riparazioni, delle
acciaierie e delle miniere di carbone. Lo scopo era anche quello di distruggere la capacità industriale della Germania. Questa mossa non incontrava il favore degli anglo-americani, che tuttavia si limitarono a deboli proteste diplomatiche. Fritz Thyssen organizzò gli industriali della Ruhr in una forza di resistenza, rifiutando di produrre acciaio e di estrarre carbone per i francesi. La resistenza venne finanziata dagli industriali. In un periodo di inflazione che attraversava tutta la
Germania, il valore del marco diminuiva continuamente. Thyssen ed i suoi colleghi industriali cominciarono a stampare dei biglietti locali con cui pagavano i lavoratori e finanziavano la resistenza. Alla fine di luglio 1923, la valuta tradizionale era cambiata al tasso di un milione di marchi per ogni dollaro. Alla fine di settembre, il marco non valeva più della carta su cui era stampato: poteva essere usato bruciandolo nei caminetti per scaldarsi. Fu allora che la valuta complementare salvò la situazione e venne usata su vasta scala assieme al baratto.
Se la soluzione funzionò allora, in un contesto ben più degradato, non si vede perché non dovrebbe funzionare adesso, mentre il meccanismo perverso dell'emissione dell'euro divora la ricchezza del popolo anestetizzato. Una iniezione di valuta complementare potrebbe risolvere la situazione di Terni a beneficio di tutti: sindacati, lavoratori, industria e governo. Perché non provare, prima di gettare la spugna ?
E' di questi giorni la notizia della crisi apparentemente irreversibile delle acciaierie di Terni della ThyssenKrupp: il piano illustrato dal presidente del Comitato Esecutivo dell'azienda, Michael Rademacher, prevede non solo la chiusura dello stabilimento del magnetico, coi suoi 350 posti di lavoro, ma anche l'uscita di 155 lavoratori, del magnetico e dell'inox, che andranno in pensione o in mobilita', nonché il ricorso alla cassa integrazione. Il presidente Rademacher potrebbe disporre di un'alternativa interessante che è stata illustrata ieri, a Roma, durante il primo Forum Nazionale sulla Riforma Monetaria: l'emissione di una valuta locale complementare all'Euro. Con questa valuta l'azienda potrebbe permettersi di mantenere la produzione e contemporaneamente sviluppare l'economia locale, mantenendo i posti di lavoro. Si tratta di un uovo di Colombo, di una soluzione elegante che l'azienda non può non conoscere poiché fu proprio Fritz Thyssen, nel 1923, a risolvere con questo sistema la crisi delle sue aziende nella valle della Ruhr, in Germania. All'epoca la crisi fu dettata dall'iperinflazione del marco tedesco e dalle pressioni della Francia per ottenere gli indennizzi della prima guerra mondiale. Le truppe francesi erano entrate nella Ruhr per impadronirsi, come riparazioni, delle
acciaierie e delle miniere di carbone. Lo scopo era anche quello di distruggere la capacità industriale della Germania. Questa mossa non incontrava il favore degli anglo-americani, che tuttavia si limitarono a deboli proteste diplomatiche. Fritz Thyssen organizzò gli industriali della Ruhr in una forza di resistenza, rifiutando di produrre acciaio e di estrarre carbone per i francesi. La resistenza venne finanziata dagli industriali. In un periodo di inflazione che attraversava tutta la
Germania, il valore del marco diminuiva continuamente. Thyssen ed i suoi colleghi industriali cominciarono a stampare dei biglietti locali con cui pagavano i lavoratori e finanziavano la resistenza. Alla fine di luglio 1923, la valuta tradizionale era cambiata al tasso di un milione di marchi per ogni dollaro. Alla fine di settembre, il marco non valeva più della carta su cui era stampato: poteva essere usato bruciandolo nei caminetti per scaldarsi. Fu allora che la valuta complementare salvò la situazione e venne usata su vasta scala assieme al baratto.
Se la soluzione funzionò allora, in un contesto ben più degradato, non si vede perché non dovrebbe funzionare adesso, mentre il meccanismo perverso dell'emissione dell'euro divora la ricchezza del popolo anestetizzato. Una iniezione di valuta complementare potrebbe risolvere la situazione di Terni a beneficio di tutti: sindacati, lavoratori, industria e governo. Perché non provare, prima di gettare la spugna ?
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