Kro: una nuova moneta "calabrese"
Nino Galloni è un economista di lungo corso. Già apprezzato direttore generale del ministero del Welfare, oggi riveste il ruolo di revisore dei conti presso l’Inpdap. Ha alle spalle una formazione culturale acquisita su testi di John Maynard Keynes, uno dei maggiori critici del capitalismo, che ha fatto delle sue teorie monetarie un punto di riferimento imprescindibile per chi voglia studiare la materia. Galloni da più tempo ha preso atto di «una crisi che ha pochi precedenti, aggravata dal persistere degli accordi di Bretton Woods», tuttavia boccia il referendum leghista per il ritorno alla lira, perché, dice, «il problema non è l’euro o la moneta padana, ma la sovranità monetaria». L’economista mostra di avere le idee abbastanza chiare su come affrontarla questa crisi e propone di battere nuova moneta. Ha in mente un progetto che intende sperimentare al Sud, in un angolo della Calabria che i greci scoprirono 2800 anni fa, e in cui cominciarono a far circolare i primi spiccioli, perché, ritiene, sia «un obbligo morale sostenere la crescita di questo territorio». A Crotone Galloni è venuto a illustrare la sua proposta, che in Calabria, prima che nel resto del paese, è sostenuta dal Comitato No Euro–Sovranità Monetaria coordinato da Ettore Affatati, il quale ha fissato un incontro con le associazioni di categoria e con le parti sociali della città di Pitagora. Una idea «che può creare nuova occupazione» senza spillare soldi allo Stato e che passa attraverso i Patti territoriali. «Un primo incontro operativo», quello dei giorni scorsi, «per individuare almeno 100 imprese sul territorio di Crotone e forse di più sulla provincia», afferma Nino Galloni.
Per fare cosa?
«Stiamo ragionando su un programma che se attuato può avere ripercussioni molto positive sull’economia locale».
Di che si tratta?
«Una nuova moneta. Una moneta complementare che chiameremo ‘Kro’. L’obiettivo di questo progetto consiste nello stimolare la valorizzazione delle risorse non occupate presenti sul territorio, finanziandone la mobilitazione attraverso la creazione di una moneta endogena e complementare rispetto a quella ufficiale (euro, ndr). Il coinvolgimento delle imprese è necessario perché se sono disposte ad accettare questa moneta si possono creare nuovi posti di lavoro. Quindi abbiamo bisogno di un certo numero di aziende per fare massa critica, ossia un numero che ci consente di cominciare. Dai dati forniti da queste imprese faremo poi una elaborazione di quanto debba crescere il loro fatturato per creare nuova occupazione».
E le aziende cosa ne pensano?
«A fronte di una maggiore occupazione senza che questa gravi sulla l’economia dell’impresa, ritengo ci sia la massima disponibilità al dialogo. Cercare di occupare i giovani che non possono trovare lavoro, regolarizzare chi lavora in nero, e cosi via, credo sia un risultato importante…»
Avete bisogno di interagire anche con le parti…
«Questo è il primo passo da farsi e consisterà nella verifica dell’esistenza di un consenso comune alle Parti sociali e a quelle categoriali».
Su cosa si basa questo programma?
«Possiamo sintetizzarlo così: primo, le imprese locali emettono la moneta complementare che serve a saldare mensilmente i neo assunti per un 50 o 75 percento di ciò che va in busta paga, e che le stesse l’accettano in pagamento dei loro prodotti e negli acquisti intermedi. Secondo, i lavoratori, ovvero i sindacati potranno accettare la formula di un pagamento misto, parte in euro, parte in ‘Kro’. Terzo, le istituzioni pubbliche potranno accettare tale moneta per i pagamenti a livello locale, e infine i cittadini potranno accettare parte dei trasferimenti in ‘Kro’, per talune prestazioni sociali, sentite, ovviamente le associazioni dei consumatori».
Chi utilizza questa moneta è limitato nelle scelte?
«Si possono comprare i prodotti locali mentre con l’euro si possono comprare prodotti come la benzina, ossia quelli che non si possono pagare diversamente, poi, per il resto, possono scegliere di comprare prodotti locali da pagare in ‘Kro’, oppure se comprare i prodotti della globalizzazione che si devono pagare con la moneta unica. Quindi, come vede, ad una crescita della produzione c’è una crescita dei consumi. E questo significa sviluppo dell’economia locale».
Vi sarà comunque la doppia circolazione?
«Certo, mica possiamo eliminare l’euro».
E la convenienza dove sta?
«Nell’aumento di fatturato da parte delle imprese, che oltre un certo limite devono ovviamente mantenere questa occupazione aggiuntiva. In questo modo quindi abbiamo centrato l’obiettivo che è quello di creare nuovi posti di lavoro senza chiedere soldi allo Stato».
Operativamente come bisogna procedere per realizzare questa intesa?
«Le due condizioni essenziali per la realizzazione del programma sono, da un lato l’esistenza di disoccupati disponibili i quali abbiano caratteristiche professionali che coincidano con le esigenze delle imprese. Dall’altro si dovrà arrivare a un Patto territoriale vero e proprio con le parti in cui si sottoscrive la fiducia in questa moneta, poiché la moneta è fiducia, no! La moneta o è a corso forzoso come era la lira e com’è l’euro, oppure è a corso fiduciario come sarebbe questa».
Una moneta convenzionale…
«Si, però non è cambiaria, non è deposito. Diciamo che essa è moneta diretta e pura».
Un po’ sulla scorta di quella che era la moneta locale (Simec, ndr) del prof. Auriti?
«Beh, certamente le idee del professor Auriti sono vicine a questa; io sono un keynesiano per cui conosco molto bene l’importanza del lavoro che ha svolto. Tuttavia va tenuto presente che la complementare sarà una moneta non convertibile di pari valore dell’euro».
Quindi un po’ diverso rispetto al Simec…
«Si, e questo significa, sul piano della moneta locale, che si possono seguire strade diverse. Noi stiamo pensando di praticare questo modello».
Quale sarà la quotazione dal punto di vista del cambio?
«C’è una parità facciale, di uno a uno. I centesimi corrisponderanno ai centesimi poiché potranno esserci dei pagamenti misti, in euro e questa nuova moneta. Quindi è importante che si possano sommare o sottrarre tra di loro a seconda dei casi».
Scusi, perché pensare ad una moneta complementare e non ad esempio aderire alla proposta leghista di un referendum per tornare alla lira?
«Perché il referendum della Lega, ovvero qualunque richiesta di ritorno alla lira, o di uscita dall’euro, sono tutte cose che non tengono conto della questione fondamentale, che non è euro, lira, moneta complementare piuttosto che moneta padana, perché va tutto bene e tutto male a seconda di chi emette questa moneta. Il problema oggi risiede nell’istituto delle Banche centrali che devono restituire la sovranità monetaria agli stati e ai popoli. Quello di cui ci siamo privati, tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80, è appunto la sovranità monetaria. Noi ce ne siamo privati anche quando c’era la lira, quindi col ritorno alla vecchia moneta non si ha nessuna garanzia di miglioramento, anzi, in questo momento potrebbero esserci dei peggioramenti».
E allora cosa fare?
«Quello che bisogna cambiare a livello europeo, ed è l’unica possibilità di difendere l’euro, è di togliere il potere di gestire la moneta al mondo tecnocratico della Finanza e restituirla ai cittadini attraverso gli strumenti normativi previsti, ovviamente con il sostegno della classe politica. Il nostro obiettivo di lungo termine è quello di ritornare ad una sovranità monetaria popolare».
Senta, come crede che questa nuova moneta sia accettata dai cittadini?
«Avviene in sostanza quello che è avvenuto per alcune imprese soprattutto all’estero, ma anche in Italia: così come i commercianti accettano ad esempio i buoni pasto, accetteranno questa moneta complementare».
Insomma, spendibile in un circuito preciso…
«Certo. La limitazione è territoriale».
E’ possibile estendere ad altre realtà questa sperimentazione?
«Si, è possibile farlo dappertutto Adesso è capitato Crotone per via della disponibilità a parlarne del Consiglio comunale, poi c’è stata la riunione con la Confcommercio, Confapi, Nucleo industriale e le associazioni di categoria. Le parti sociali saranno coinvolte in questo programma. La prossima volta mi daranno l’elenco delle imprese con le loro caratteristiche, dopodichè farò questa stima di crescita del fatturato per ottenere un certo numero di posti di lavoro».
Per fare cosa?
«Stiamo ragionando su un programma che se attuato può avere ripercussioni molto positive sull’economia locale».
Di che si tratta?
«Una nuova moneta. Una moneta complementare che chiameremo ‘Kro’. L’obiettivo di questo progetto consiste nello stimolare la valorizzazione delle risorse non occupate presenti sul territorio, finanziandone la mobilitazione attraverso la creazione di una moneta endogena e complementare rispetto a quella ufficiale (euro, ndr). Il coinvolgimento delle imprese è necessario perché se sono disposte ad accettare questa moneta si possono creare nuovi posti di lavoro. Quindi abbiamo bisogno di un certo numero di aziende per fare massa critica, ossia un numero che ci consente di cominciare. Dai dati forniti da queste imprese faremo poi una elaborazione di quanto debba crescere il loro fatturato per creare nuova occupazione».
E le aziende cosa ne pensano?
«A fronte di una maggiore occupazione senza che questa gravi sulla l’economia dell’impresa, ritengo ci sia la massima disponibilità al dialogo. Cercare di occupare i giovani che non possono trovare lavoro, regolarizzare chi lavora in nero, e cosi via, credo sia un risultato importante…»
Avete bisogno di interagire anche con le parti…
«Questo è il primo passo da farsi e consisterà nella verifica dell’esistenza di un consenso comune alle Parti sociali e a quelle categoriali».
Su cosa si basa questo programma?
«Possiamo sintetizzarlo così: primo, le imprese locali emettono la moneta complementare che serve a saldare mensilmente i neo assunti per un 50 o 75 percento di ciò che va in busta paga, e che le stesse l’accettano in pagamento dei loro prodotti e negli acquisti intermedi. Secondo, i lavoratori, ovvero i sindacati potranno accettare la formula di un pagamento misto, parte in euro, parte in ‘Kro’. Terzo, le istituzioni pubbliche potranno accettare tale moneta per i pagamenti a livello locale, e infine i cittadini potranno accettare parte dei trasferimenti in ‘Kro’, per talune prestazioni sociali, sentite, ovviamente le associazioni dei consumatori».
Chi utilizza questa moneta è limitato nelle scelte?
«Si possono comprare i prodotti locali mentre con l’euro si possono comprare prodotti come la benzina, ossia quelli che non si possono pagare diversamente, poi, per il resto, possono scegliere di comprare prodotti locali da pagare in ‘Kro’, oppure se comprare i prodotti della globalizzazione che si devono pagare con la moneta unica. Quindi, come vede, ad una crescita della produzione c’è una crescita dei consumi. E questo significa sviluppo dell’economia locale».
Vi sarà comunque la doppia circolazione?
«Certo, mica possiamo eliminare l’euro».
E la convenienza dove sta?
«Nell’aumento di fatturato da parte delle imprese, che oltre un certo limite devono ovviamente mantenere questa occupazione aggiuntiva. In questo modo quindi abbiamo centrato l’obiettivo che è quello di creare nuovi posti di lavoro senza chiedere soldi allo Stato».
Operativamente come bisogna procedere per realizzare questa intesa?
«Le due condizioni essenziali per la realizzazione del programma sono, da un lato l’esistenza di disoccupati disponibili i quali abbiano caratteristiche professionali che coincidano con le esigenze delle imprese. Dall’altro si dovrà arrivare a un Patto territoriale vero e proprio con le parti in cui si sottoscrive la fiducia in questa moneta, poiché la moneta è fiducia, no! La moneta o è a corso forzoso come era la lira e com’è l’euro, oppure è a corso fiduciario come sarebbe questa».
Una moneta convenzionale…
«Si, però non è cambiaria, non è deposito. Diciamo che essa è moneta diretta e pura».
Un po’ sulla scorta di quella che era la moneta locale (Simec, ndr) del prof. Auriti?
«Beh, certamente le idee del professor Auriti sono vicine a questa; io sono un keynesiano per cui conosco molto bene l’importanza del lavoro che ha svolto. Tuttavia va tenuto presente che la complementare sarà una moneta non convertibile di pari valore dell’euro».
Quindi un po’ diverso rispetto al Simec…
«Si, e questo significa, sul piano della moneta locale, che si possono seguire strade diverse. Noi stiamo pensando di praticare questo modello».
Quale sarà la quotazione dal punto di vista del cambio?
«C’è una parità facciale, di uno a uno. I centesimi corrisponderanno ai centesimi poiché potranno esserci dei pagamenti misti, in euro e questa nuova moneta. Quindi è importante che si possano sommare o sottrarre tra di loro a seconda dei casi».
Scusi, perché pensare ad una moneta complementare e non ad esempio aderire alla proposta leghista di un referendum per tornare alla lira?
«Perché il referendum della Lega, ovvero qualunque richiesta di ritorno alla lira, o di uscita dall’euro, sono tutte cose che non tengono conto della questione fondamentale, che non è euro, lira, moneta complementare piuttosto che moneta padana, perché va tutto bene e tutto male a seconda di chi emette questa moneta. Il problema oggi risiede nell’istituto delle Banche centrali che devono restituire la sovranità monetaria agli stati e ai popoli. Quello di cui ci siamo privati, tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80, è appunto la sovranità monetaria. Noi ce ne siamo privati anche quando c’era la lira, quindi col ritorno alla vecchia moneta non si ha nessuna garanzia di miglioramento, anzi, in questo momento potrebbero esserci dei peggioramenti».
E allora cosa fare?
«Quello che bisogna cambiare a livello europeo, ed è l’unica possibilità di difendere l’euro, è di togliere il potere di gestire la moneta al mondo tecnocratico della Finanza e restituirla ai cittadini attraverso gli strumenti normativi previsti, ovviamente con il sostegno della classe politica. Il nostro obiettivo di lungo termine è quello di ritornare ad una sovranità monetaria popolare».
Senta, come crede che questa nuova moneta sia accettata dai cittadini?
«Avviene in sostanza quello che è avvenuto per alcune imprese soprattutto all’estero, ma anche in Italia: così come i commercianti accettano ad esempio i buoni pasto, accetteranno questa moneta complementare».
Insomma, spendibile in un circuito preciso…
«Certo. La limitazione è territoriale».
E’ possibile estendere ad altre realtà questa sperimentazione?
«Si, è possibile farlo dappertutto Adesso è capitato Crotone per via della disponibilità a parlarne del Consiglio comunale, poi c’è stata la riunione con la Confcommercio, Confapi, Nucleo industriale e le associazioni di categoria. Le parti sociali saranno coinvolte in questo programma. La prossima volta mi daranno l’elenco delle imprese con le loro caratteristiche, dopodichè farò questa stima di crescita del fatturato per ottenere un certo numero di posti di lavoro».
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Proposta: COME DISTRIBUIRE ALLA CITTADINANZA 6000 EURO PRO-CAPITE OGNI ANNO E, CONTEMPORANEAMENTE, RISANARE IL DEBITO PUBBLICO.
A ciascuna persona fisica domiciliata nel territorio nazionale ed a ciascuna società/impresa/ persona giuridica legalmente riconosciuta ed operante nel territorio nazionale, è attribuito un conto corrente in “moneta virtuale” gestito attraverso un sistema informatizzato statale. La moneta virtuale ha lo stesso valore nominale unitario della valuta corrente.
Alle sole persone fisiche in possesso del diritto di cittadinanza viene accreditato mensilmente un “credito di cittadinanza” in moneta virtuale datata, il cui ammontare è fisso (500 euro, salvo periodiche rivalutazioni alla luce del tasso di inflazione) ed uguale per tutti.
La moneta virtuale non potrà mai essere utilizzata per:
1) Acquisto titoli azionari, obbligazioni, partecipazioni al capitale di società o imprese.
2) Pagamento interessi e remunerazione titoli.
3) Adempimenti verso il fisco.
4) Operazioni di credito e relative restituzioni [chi vorrà far ricorso a forme di finanziamento e credito al consumo dovrà quindi rinunciare ad effettuare in moneta virtuale il pagamento dilazionato nel tempo. Qualsiasi pagamento tramite moneta virtuale dovrà aver luogo precedentemente o contestualmente al trasferimento della contropartita: eventuali debiti residui saranno saldati con le modalità di pagamento tradizionali].
5) Remunerazione di attività lavorativa (anche prestazioni occasionali), salvo quote massime di retribuzione stabilite dalla legge.
6) Depositi presso banche e società finalizzate alla raccolta del risparmio.
In definitiva, tutte le transazioni che comportino il pagamento con moneta virtuale si realizzano mediante il trasferimento della somma stabilita da un conto virtuale ad un altro conto virtuale. Non si può trasferire moneta virtuale su di un conto di diversa natura (c.c. bancario, postale ecc.), né accreditare su un conto virtuale una somma che non provenga da un altro conto analogo: nei limiti imposti da tale disposizione è comunque consentita qualsiasi donazione/cessione unilaterale di capitale virtuale.
La moneta virtuale è convertibile in valuta tradizionale (nazionale o estera) solo dopo 10 anni dalla data di emissione. Non è inoltre in alcun modo spendibile al di fuori del territorio nazionale.
La moneta virtuale ha tuttavia corso legale all’interno del territorio nazionale e deve essere obbligatoriamente accettata per il pagamento di beni e di servizi diversi dalla diretta prestazione di manodopera (l’obbligo è imposto anche agli enti di proprietà pubblica che forniscano beni e servizi dietro il pagamento di un prezzo). La somma pagata viene trasferita dal conto virtuale del soggetto pagante a quello del beneficiario. Non sono permessi pagamenti in moneta virtuale che eccedano la disponibilità sul conto virtuale del soggetto pagante.
Le transazioni commerciali effettuate in moneta virtuale non sono soggette ad IVA ed altre imposte. I redditi virtuali non costituiscono base imponibile ai fini IRPEF ed IRES.
E’ vietato il pagamento di interessi sul capitale virtuale.
Il conto corrente virtuale di società, imprese, persone fisiche e giuridiche è sottoposto a tassazione separata, pari al 10% del saldo al 31/12 di ogni anno: l’imposta va obbligatoriamente versata in valuta corrente (e non virtuale). Il mancato versamento non costituisce un reato perseguibile, ma comporta l’azzeramento del conto virtuale del contribuente.
La legge vieta allo Stato l’immissione nel mercato di nuova moneta virtuale al di fuori di quella utilizzata per conferire il credito di cittadinanza alle persone fisiche. Le cifre incassate tramite l’imposta sui conti virtuali verranno versate su un apposito fondo e destinate al risanamento del debito pubblico ed al rimborso dei redditi virtuali alla scadenza.
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